Storia del punto croce

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La storia del punto croce è vecchia quanto quella dell'umanità. Il punto croce è il più antico tra tutti i punti di ricamo usato dai primi uomini in forma rozza per unire tra loro pelli di animali con le quali coprirsi. 
I ritrovamenti più antichi di un ricamo a fili incrociati risalgono all'850 a.C e sono stati rinvenuti in Asia centrale. Ma la prova certa che si trattasse di una vera e propria tecnica di ricamo risale al nostro Medioevo. Si sa per certo che le dame, nei castelli, copiavano a punto croce i disegni dei tappeti che i loro uomini portavano dall'Oriente e ornavano gli abiti con ricami geometrici.

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Nel Rinascimento la diffusione del punto croce riguarda tutta l'Europa, diventando parte dell'educazione di ogni dama. Proprio in quel periodo storico si parla di point de marque  (o punto di marca), che diventa marquoir per i francesi, sampler  per gli inglesi e imparaticcio per noi. E' un punto semplice che sollevava dal grande impegno di marcare i capi di biancheria delle famiglie (di solito assai numerose) in quei secoli.
A quell'epoca il bucato si faceva una o due volte l'anno. Ecco perché era così importante avere una quantità considerevole di biancheria che solitamente, costituiva la dote della donna che andava in sposa e che, in quelle occasioni, così rare, in cui veniva lavata, era motivo di vanto e quindi di orgogliosa esibizione. Ma c'era una necessità: poter identificare facilmente i capi, una volta asciutti.

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A quei tempi non esistevano i manuali di ricamo e la conoscenza veniva tramandata di madre in figlia attraverso campioni di tessuto ricamato. Ogni membro femminile della famiglia aggiungeva nuovi punti, imparati da altre donne o inventati da sè, fino a quando la necessità e la varietà dei punti raggiunta nel corso del tempo, portarono ad una vera e propria necessità di apprendimento. Fu così che le scuole di ricamo, tenute da religiose nei conventi e nelle scuole femminili, cominciano a fiorire.
Nel 1500 cominciano a conoscersi i primi schemi stampati, provenienti per lo più da Germania e Italia. Quando, nel 1600, cominciano a circolare i coloranti naturali provenienti dell'America, scoppia la cosiddetta "Rivoluzione rossa", per cui troviamo tutti i ricami a punto croce in filato rosso su fondo bianco. Il senso artistico è cresciuto e gli alfabeti vengono disposti, insieme a lettere, fiori e simboli sacri, a formare veri e propri quadri. Nel 1700 i disegni perdono la loro qualità stilizzata e diventano veri e propri paesaggi. Ma è 1800 l'età più ricca per il punto croce. L'industria tessile può adesso mettere a disposizione tele e fili in tantissimi colori, si diffondono le riviste femminili e anche schemi quadrettati, colorati a mano prodotti in tipografia, a Berlino. Scoppia la "punto croce-mania", che diventa materia di insegnamento nelle scuole e passatempo "bon ton".


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Nel 1886 un'aristocratica viennese, Thérèse de Dillmont, membro dell'Accademia del Ricamo dell'Imperatrice Maria Teresa e fondatrice di una scuola di ricamo, associandosi con Jean Dollfus, importante imprenditore tessile dell'epoca, fonda la DMC, azienda arrivata fino ai nostri giorni. Thérèse scrisse " l'Enciclopedia dei lavori femminili " e venne tradotta in ben 17 lingue e venduta in due milioni di copie tra Europa e Stati Uniti: cifre incredibili per quell'epoca!


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Con l'avvento del Liberty, però, viene preferito il ricamo a punti liberi, che permette una migliore adattabilità agli "svolazzamenti" di quello stile.
Solo dopo la Prima Guerra mondiale l'ago viene progressivamente abbandonato. Ormai gli interessi sono altri: le donne lavorano al posto degli uomini occupati al fronte.
Nelle scuole si insegna ancora la base del ricamo, ma la fantasia lascia il posto alla pura fredda tecnica. L'avvento del femminismo farà definitivamente dimenticare l'arte del ricamo, attività che definisce la donna secondo l'oleografia tradizionale. Ma la memoria del ricamo non venne cancellata dalle discendenti dei pionieri che dall'Europa erano arrivate in America. E' proprio dall'America e dal Nord Europa che è tornato a noi il gusto del punto croce.


DMC


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Più di 250 anni fa, nel 1746, l'arte e il commercio si incontrarono nell'iniziativa imprenditoriale di Jean-Henri Dollfus, che fondò un'azienda con altri due giovani imprenditori. Approfittando dell'interesse dell'epoca per i tessuti dipinti e del talento artistico Jean-Henri, divennero i pionieri in Europa della produzione industriale dei tessuti Indiennes stampati a mano. Successivamente e per molti anni l'azienda, che i due fratelli Jean-Henri e Jean Dollfus diressero insieme, si concentrò su un'unica attività: la stampa dei tessuti.


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Verso la fine del XVIII secolo, il nipote di Jean-Henri, Daniel Dollfus prese le redini dell'impresa di famiglia. Nella primavera del 1800, sposò Anne-Marie Mieg ed unì il nome della propria moglie al suo, come spesso si usava in quei tempi.
In quello stesso anno diede all'azienda il nuovo nome di Dollfus-Mieg & Compagnie, o DMC


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Nel 1818, è Jean Dollfus Mieg (figlio di Daniel Dollfus) che prende la direzione dell'impresa di famiglia, e si concentra sulla qualità, sulla commercializzazione dei prodotti e dei servizi.
Nel 1850, il figlio di Jean Dollfus-Mieg, nel corso dei suoi studi a Leeds, in Inghilterra, scoprì l'invenzione del chimico John Mercer "la mercerizzazione", processo che consiste nel far passare il filo di cotone attraverso la soda caustica, in modo da modificare questa fibra donandogli resistenza longevità ed un aspetto più setoso.
La produzione dei primi fili di cotone risale quindi alla famiglia Dollfus.
Sempre nel XIX secolo, DMC stabilì dei forti legami con la famosa ricamatrice, Thérèse de Dillmont. L' amicizia che unì questa donna di talento e Jean-Dollfus Mieg, la spinse a trasferirsi a Dornach, una cittadina vicino Mulhouse, ove fondò la sua scuola di ricamo, con il supporto di DMC. 


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Durante le due guerre mondiali la produzione calò notevolmente e nel 1961, l'azienda si fuse con Thiriez & Cartier Bresson. La nuova società mantenne il nome di DMC, ma adottò il logo di Thiriez & Cartier Bresson, la famosa testa di cavallo.

Oggi il gruppo DMC è un'organizzazione internazionale che produce fili destinati sia ai consumatori finali che all'industria tessile e altri prodotti affini. L'originario motto della famiglia Dollfus, coniato più di due secoli fa, conserva tutt'oggi la sua autenticità:

TENUI FILO MAGNUM TEXITUR OPUS: "Da un semplice filo, nasce un capolavoro"